opera nuova

Il Quaderno

Il Quaderno della rivista è stampato. Condivide la stessa tematica generale scelta per ogni numero attorno alla quale degli scrittori sono invitati a scrivere, o a proporre una loro produzione. In genere sono inviati voci di rilievo in distinte discipline. Si metteranno a confronto un poeta con un fotografo o un artista e uno scienziato. La letteratura si abbevera alla fonte dell’esperienza personale del mondo fatta di relazione con altri. L’idea è quella di scoprire rapporti sotterranei tra i più diversi campi disciplinari, soprattutto laddove lo stupore muove l’uomo a indagare, scrivere, pensare, come già suggeriva Aristotele.

Il quaderno
Il silenzio negli scatti di Paolo Abate evoca presenze assenti. Non è il vuoto nelle architetture ad alludere al silenzio. Parlano le tracce, i segni di molteplici atti passati. Certo si tratta di un dire raccolto, della memoria di un detto: non c’è più chi ha lasciato le sue orme. Alberto Nessi, traendo dal suo vissuto, ascolta e dà voce alle cose mute che popolano i luoghi colti da Abate. Cose mute che evocano dei mondi. Le cose sono modeste, scriveva Heidegger, ma in esse, e soprattutto se assunte nell’opera d’arte, si cela il mondo che si apre per i suoi abitanti. Cosmo aperto, libero, per il soggiornare dell’uomo in quel luogo, in quel tempo e contesto, in quella cultura. Grazie alla finzione narrativa Nessi dice il vero. Verità che non dimentica il silenzio, che senza fine impregna le cose, i muri, le scale, le finestre, i mobili, gli oggetti. Nel dialogo amichevole fra le foto di Abate e le parole di Nessi, segnato da due distinte poetiche, si svela celandosi un enigma. Lo stesso mistero che irrora di sangue le cose e che si nasconde sulla superfice. I più non vedono che la pelle. Ferecide di Siro, nel mito di Zas, Tempo e Ctonie, afferma che quando guardiamo le cose in realtà vediamo solo il manto ricamato da Zas celeste. Veste da lui donata a Ctonie terrestre per coprire le sue vergogne dopo il loro congiungimento; in verità non miriamo il mondo bensì il tessuto che lo cela. Abate e Nessi percorrono quella superfice intrecciata sondando i minuti interstizi che ammiccano tra trama e ordito. Gli autori ci regalano preziosi sguardi su pertugi trapassati da sprazzi di luce; guizzi come di fuoco che penetrano nell’abisso zitto senza fine che la stoffa avvolge. Infiniti silenzi.
Michele Amadò

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